La storia di Matteo
Matteo è nato il 18 maggio 2001.
Il parto è stato normale e anche abbastanza veloce (aveva furia già nella
pancia). Matteo era un neonato mangione, dal sonno regolare, con una crescita
nella norma. A 10 mesi arrivò il primo dentino e, più o meno in quel periodo, arrivarono
anche i disturbi del sonno. Lo
svezzamento è stato normale, Matteo non dette alcun problema con gli alimenti,
tranne che con l’uovo: una sera, dopo averlo mangiato nella minestrina, rimise tutto
ed ebbe un piccolo calo di pressione, così lo portammo in pediatria, ma dopo
un’oretta di osservazione era bello pimpante e tutto è finito lì. Io però per
molto tempo non ho più avuto il coraggio di dagli l’uovo, così quando l’ho
riproposto, Matteo non lo ha più voluto, in nessun modo, tranne che con la
frittata della scuola!!
Lo sviluppo è stato nella norma
fino ai 18 mesi circa, poi qualcosa cambiò. Matteo inizialmente sembrava solo
molto indipendente, poi però in breve tempo, si zittì del tutto e si isolò. Se
lo chiamavi non si girava, non ti guardava mai, se gli andavi vicino si infastidiva, in alcuni
casi aveva anche delle reazioni eccessive. Urlava e si divincolava. Cominciò a
giocare con le macchinine in modo strano, le metteva tutte in fila, ma la fila
era fine a sé stessa. Poi iniziò a fare dei “versi” con la voce, piccole
cantilene senza senso, sempre le stesse, come se si accompagnasse nelle cose
che faceva. Non stava mai fermo e non riusciva a rimanere attento su niente.
Sembrava proprio iperattivo. Nel frattempo lo sviluppo fisico era normale, solo
che cresceva poco sia nel peso che nell’altezza.
Era molto chiaro che ci fosse
qualcosa che non andava, così, a settembre 2003 cominciai col fargli fare un
esame audiometrico, ma sapevo benissimo che il suo problema non era l’udito.
Infatti ci sentiva benissimo. A questo punto, io e Andrea parlammo con il
pediatra e decidemmo di metterci in contatto con l’Istituto Stella Maris perché
vedessero Matteo. I tempi di attesa tra un controllo ed un altro erano molto
lunghi e la nostra ansia quasi ingestibile. Per caso, parlando con la mamma di
un compagno di scuola materna di Simone, il fratello di Matteo, seppi del
centro della Dottoressa Puccini, presso l’ospedale Santa Chiara. Chiamai per
una visita in intramoenia con la Dottoressa. Era il febbraio del 2004. Dopo 10
giorni circa, Matteo ed io abbiamo avuto il primo incontro con Rita
Tavella……….Matteo non l’ha più lasciata!!!
Inizialmente, io entravo insieme
a Matteo e facevo la “sedia umana”. Matteo stava in braccio a me, ma molto
spesso si innervosiva, si divincolava, scappava sotto il tavolo….una fatica
tremenda! Il problema era anche dovuto alla sua natura ipercinetica, non c’era
verso di attirare la sua attenzione e il suo interesse. Ad un certo punto Rita
disse che era necessario provare a staccare Matteo da me (ed io da lui). Così i
miei genitori cominciarono ad accompagnare Matteo a terapia al posto mio…….Santi
Nonni! Piano piano la situazione cominciò a migliorare, lentamente. Si decise
anche di accompagnare le sedute di terapia con Rita (terapia per disfasia e per
disturbo cognitivo) con alcune sedute cicliche psicomotorie con Elena, per
farlo entrare in contatto con il suo corpo, da cui all’epoca era completamente
staccato, e fare in modo che lo controllasse sempre di più.
Nel frattempo si misero in
contatto con la Neuropsichiatria infantile della USL, con la Dottoressa
Bonifazi. Con la Dottoressa facemmo una serie di sedute necessarie a Lei per
fare la valutazione di Matteo. La diagnosi fu di sindrome autistica. All’inizio
del 2005 Matteo fu anche visitato, su richiesta della Dottoressa Puccini, dalla
Professoressa Taddeucci, che gli prescrisse una serie di esami metabolici
e l’esame per la sindrome dell’X
fragile, da cui non risultò nulla. Facemmo anche una risonanza magnetica alla
testa, un elettroencefalogramma nel sonno.
Da allora Matteo ha proseguito a
lavorare con Rita 2 volte alla settimana e, ciclicamente, con Elena, fino a
quando non è più stato necessario. Nel 2007 Matteo ha avuto la certificazione
dell’handicap con gravità e ha ottenuto un’insegnante di sostegno e una
specialistica, fin dal tempo delle scuole materne. La collaborazione delle
insegnanti che lo hanno seguito fino ad ora è stata fondamentale; hanno sempre
ascoltato attentamente i suggerimenti e i consigli che le terapiste davano
durante gli incontri comuni, mettendoli in pratica in aula ed insegnando anche
ai compagni di classe di Matteo come fare per aiutarlo in modo costruttivo, per
lavorare con lui e a farlo lavorare.
Forse la persona che meno riesce
a fare terapia con Matteo sono io. Da me non vuole questo, si oppone proprio.
Fino a qualche tempo fa lo trovavo molto frustrante, ora penso che quello della
terapista non è il mio ruolo; io sono la mamma e devo fare la sua mamma; magari
qualche volta ci provo lo stesso. Però seguo alla lettera i consigli che Rita
mi dà per quanto riguarda gli aspetti della vita quotidiana di Matteo, dalla
scelta delle attività pomeridiane da fare, su su fino a come fare per
“lasciarlo fare”.
Ora Matteo continua ad essere
seguito e controllato dal centro di neuroriabilitazione dell’età evolutiva
dell’ospedale Santa Chiara di Pisa. ha 2 ore di terapia settimanale con Rita
Tavella, sempre training per disfasia e disturbi cognitivi.
A due anni e mezzo era un bambino
chiuso nel suo mondo, zitto, ipercinetico, irrequieto, ingestibile. Ora ha
dodici anni, non ha più alcun disturbo del sonno, si lava da solo (a parte
il”bidet”), si veste da solo (ora
sceglie anche cosa mettersi), si fa tagliare i capelli quasi senza brontolare, parla
in modo sintetico ma corretto, non fa più cantilene ma canta e anche bene, né
giochi stereotipati, legge (quando e se gli pare), scrive (in stampatello), è
abile con il computer ( e con i giochi elettronici in genere), disegna e crea
giochi con tutti i materiali (dalla carta al pongo), frequenta lezioni di
karate (altro consiglio seguito che si è rivelato sacrosanto), viene invitato a
giocare a casa dei suoi compagni di scuola (senza che io sia presente!) e loro
vengono a casa nostra, conosce i nomi di
tutti suoi compagni di scuola, per la
strada è attento, attraversa da solo sulle strisce guardando prima a destra e
poi a sinistra, è riuscito a stare fermo e in silenzio in posizione di
concentrazione ad uno stage di karate per 10 minuti consecutivi, va in
bicicletta (gli piace andare veloce e fare a gara con Andrea e Simone), non è
permaloso, non è lamentoso, si sveglia contento, è affettuosissimo nei gesti e
nelle parole, adora suo fratello, adora i bambini piccoli (è anche un
“apprendista assistente” nelle sedute di alcuni bimbi, delicatissimo e gentile),
adora i suoi nonni, adora il mare, adora gli animali (da una certa distanza di
sicurezza!), adora la vita e la vita adora lui!!!
Tutto questo, senza il Centro di
Neuroriabilitazione dell’Età Evolutiva dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa, non
avrebbe potuto esserci.
Federica
Rossi
Mi è stato chiesto di dare una testimonianza a favore del Centro neuro-cognitivo dell'Ospedale Santa Chiara di Pisa. Scoprire che le politiche di tagli potrebbero costare la chiusura di questo centro, mi fa davvero preoccupare del futuro, non solo di mio figlio, ma soprattutto per tutti quei bambini che hanno la fortuna di frequentarlo continuamente. Ho conosciuto il centro circa tre anni fa quando tramite internet sono venuta a conoscenza di un metodo riabilitativo diverso rispetto a quello che faceva mio figlio in Lombardia, e che, mi permetto di dirlo, non dava molti risultati. Ho portato quindi mio figlio per una valutazione, ma non per trovare qualche medico che mi dicesse che la diagnosi era errata, sulla gravità delle condizioni di mio figlio (tetraparesi spastico-distonico in esiti di sofferenza anosso-ischemica perinatale ) non ci sono mai stati dubbi, ma perché volevo trovare chi partisse dalla diagnosi e si prendesse la responsabilità di lavorare seriamente con lui. E questo ho trovato, persone che mi hanno dato la speranza, non del miracolo della guarigione, ma di migliorare la qualità della sua vita. Persone che al di là dei deficit evidenti, hanno intravisto delle risorse che bisognava sfruttare. Dopo la prima valutazione ritorniamo annualmente al centro dove ci vengono date le modalità e gli esercizi con cui lavorare durante l’anno. Purtroppo qui dove abitiamo non ci sono centri neuro-cognitivi accreditati con la ASL, quindi la riabilitazione non viene fatta in modo continuativo, perché ovviamente il carico economico sarebbe troppo oneroso. I risultati non sono eclatanti ma i progressi sono continui. Mio figlio ora ha un buon controllo del capo, un parziale controllo del tronco, una migliore motilità oculare con miglioramento dello strabismo, una migliore capacità di comunicare, migliori competenze cognitive (fino ora poco scontate). Mi duole molto sapere che si stia solo pensando di chiudere una tale risorsa come il centro del Santa Chiara di Pisa. I bambini trattati hanno una fortuna enorme e la vera possibilità di migliorare, e in una società civile il bene del singolo individuo, a maggior ragione se si tratta di un bambino, deve essere tutelato. Il senso della riabilitazione è quello di migliorare la qualità della vita di questi bimbi, e non ci sono ragioni di bilancio che tengano. Ogni volta che bisogna fare dei tagli alla spesa pubblica si vanno a toccare due diritti costituzionali sacro santi : il diritto alla salute e il diritto all'istruzione. Questo non è più possibile bisogna tagliare gli sprechi e potenziare sempre di più sanità e scuola che sono le basi per il nostro futuro. Bisogna imparare a pensare in termini di investimenti e non solo di costi. Il centro di Pisa dovrebbe essere potenziato per permettere a bambini che vivono lontano di venire più spesso, magari fare dei cicli intensivi di riabilitazione, come avviene in altri centri a mio parere meno efficaci. Insomma a chi sta in alto dico che dovreste investire in questo centro.
Continuando a sperare
mamma Cri
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